Prendi una mattina, tra il solstizio d’inverno e la rinascita del Sol Invictus, più precisamente alle 10.16 del 23 dicembre 2022 nel momento in cui arriva il Novilunio in Capricorno, per celebrare il Sabba dedicato al ritorno della Luce, Yule. Il mio via delle vacanze natalizie è iniziato con la visita a Stregherie, il percorso espositivo articolato in una decina di sale, in mostra dal 29 ottobre 2022 al 26 febbraio 2023, presso il Belvedere della Villa Reale di Monza.
Le Streghe sono tra noi
C’era una volta…
una Dama del Bosco, che sentì un richiamo provenire dalla Versailles della Brianza, la splendida Villa Reale di Monza. Come il canto ammaliante delle sirene, questa melodia suadente stuzzicò la sua curiosità su un tema a lei caro: Le Stregherie.
Si addentrò nel Bosco Bello e nella Natura apparentemente dormiente dell’inverno. Tra laghetti e rami spogli, piccoli amici vivaci e curiosi l’accolsero in direzione del magnifico palazzo.
Dato il contesto urbano, valse la pena arrivare prima dell’ora di ingresso fissato sulla prenotazione, per immergersi nel Parco della Reggia e trattenersi poi all’uscita nel Roseto “Niso Fumagalli”.
Una Natura che si rivela spoglia ai più, ma di grande attrattiva per chi riesce a cogliere la bellezza di quel lavoro incessante. Sotto la Terra, la vita continua ciclicamente anche nei mesi più freddi per tornare a verdeggiare e sbocciare nuovamente in primavera, in un tripudio di petali colorati.
Le venne incontro l’usciere con le chiavi in mano, aprì il grande cancello e scortò i primi visitatori alla scalinata che conduce al sottotetto in legno della Reggia: il Belvedere.
Piccoli stimoli accompagnarono la salita, scalino dopo scalino la introdussero all’atmosfera cremisi che l’avvolse fiammeggiante una volta giunta in cima.
Benvenuta nell’Antro delle Streghe, che abbiano inizio le Stregherie!
Le stanze delle Stregherie
“L’uomo caccia e lotta. La donna fantastica e sogna; è la madre della fantasia e degli dèi. Certi giorni è veggente; possiede le ali senza fine del desiderio e del sogno. Per capire osserva il cielo. Ma alla terra non offre meno il suo cuore”. Jules Michelet “La Strega”
Curata da Luca Scarlini e prodotta dalla Vertigo Syndrome, la mostra Stregherie accoglie per la maggior parte libri, stampe, acqueforti e incisioni che provengono dalla collezione privata di Guglielmo Invernizzi di Como, a cui si aggiungono le chicche del Museum of Witchcraft and Magic di Boscastle e non solo.
Non mancano i rituali, gli attrezzi del mestieri più noti quali la bacchetta, il calice, il calderone, amuleti e feticci, ma anche i più insoliti e curiosi come la maschera da gufo e la cintura della sposa.
Il percorso si apre con il processo di Ursolina detta la Rossa e la giovane figlia di Sassorosso (Garfagnana). Si conclude con la Matta Tapina, La strega del bosco di Monza, il romanzo scritto da Giuseppe Bertoldi di Vicenza nel 1861.
Suoni, voci e sospiri creano teatrali suggestioni che evocano il sabba e i processi, accompagnando la figura della Strega dalla vocazione alla sua completa realizzazione.
Figlia della Grande Madre tramutata in figlia del diavolo per la Chiesa, venne di conseguenza perseguitata in tutta Europa perché ritenuta responsabile di ogni male.
Completano l’installazione i manifesti e le locandine cinematografiche più recenti.
“Le streghe nel sud-ovest non stavano sedute ad aspettare che i clienti bussassero alle porte della loro dimora. Come gli uccelli, erano in piedi, fuori e via alle prima luci dell’alba, lavorando in campagna per vivere. Viaggiavano leggere, con un sacco e un piccolo calderone come questo, che apparteneva a Pansy Parson di Helston”. Cecil Williamson
Il calderone è il simbolo della metamorfosi e della trasformazione, il grembo posto al centro del cerchio perché è dal centro che scaturisce la magia e al suo interno si manifestano in concreto i desideri.
Le Stregherie
Il termine Stregherie, diffusosi negli ultimi decenni, racchiude la tradizione delle Streghe legata al libro del giornalista folclorista americano Charles Godfrey Leland, intitolato “Aradia, o il Vangelo delle Streghe” del 1899.
Leland raccolse la testimonianza di una strega dell’Appennino Tosco-emiliano, una certa Maddalena, che trattava i culti della Vecchia Religione, ancora diffusi in Italia e rivolti alla dea della luna Diana, Regina delle Streghe.
Aradia, figlia di Diana e Lucifero, fu inviata sulla Terra come profetessa della stregoneria. Incoronata di una luna d’argento, con la scopa, un mantello di mistero e la conoscenza delle erbe, insegnò alle donne l’Arte della Magia.
“La Strega infatti, lasciando da parte ogni questione relativa alla realtà della magia, rappresentava, una volta, un fattore reale o un grande potere nella vita sociale ribelle e anche oggi si riconosce, come dimostra la maggior parte dei romanzi, che nella donna c’è qualcosa di inquietante, di misterioso e incomprensibile, che né lei né l’uomo possono spiegare.
Perché ogni donna è una strega nel suo cuore.
Abbiamo bandito la scopa, il gatto e gli atti di magia, il Sabba e il patto con Satana, ma il mistero, o l’enigma, è grande quanto mai; nessun essere vivente sa quale sarà il suo esito. Non sono forse gli incantesimi dell’amore di ogni tipo e il godimento della bellezza in tutte le sue forme naturali, misteri, miracoli o magie?” Dal Vangelo delle Streghe.
Il Museo di Stregoneria e Magia di Boscastle
Molti, forse, si sorprenderanno nello scoprire quanto il culto dell’antica religione legato alla Natura e alla pratica della magia sia ancor oggi tanto diffuso. Un’immensa quantità di materiale storico, antropologico e folklorico si svela a chi si appresta a fare le prime ricerche.
Il 1951 è una data che segna una certa “ufficialità”, in Gran Bretagna venne abrogata la legge contro la stregoneria, questo permise al regista Cecil Williamson di convertire un vecchio mulino fatiscente in Centro del Folklore a Castletown, sulla Isola di Man (luogo dove il culto delle fate e delle streghe era ancora molto presente), per poter esporre la sua collezione di manufatti, libri, erbe e pozioni.
Al centro di Castletown subentrò Gerald Gardner (uno dei fondatori della Wicca moderna) e dopo diverse peripezie Williamson nel 1960 aprì il suo nuovo Museum of Witchcraft and Magic a Boscastle in Cornovaglia, considerata la più grande collezione al mondo di accessori e manufatti legati alla magia popolare, alla stregoneria, alla Wicca e alla magia rituale.
Molti cimeli presenti alla mostra giungono dal @museum_of_witchcraft_and_magic
La vocazione della Strega
Cominciamo con il definire le Streghe come le guaritrici di un tempo, le levatrici, le donne dedite alla cura tramite la medicina popolare e le herbane esperte nell’uso delle erbe.
Donne, che escluse dalle accademie e dalla scienza ufficiale, hanno imparato a distinguere, coltivare e lavorare le erbe per creare medicamenti, unguenti, pomate, filtri e apprendendo e tramandandosi le conoscenze l’un l’altra, di madre in figlia.
La Strega è colei che impara a sentire la voce della natura prima delle altre. Si colloca al di fuori dell’ambiente urbano, nella capanna presso il bosco, ella
“ha solo i sogni per amici, chiacchiera solo con le bestie, con l’albero della foresta. Le parlano: sappiamo di che. Risvegliano in lei quello che diceva sua madre, sua nonna, cose antiche che nei secoli son passate di donna in donna.”
Nulla a che vedere con le fattucchiere ciarlatane o ancor peggio criminali. Sono “dame del bosco” la cui spiritualità è in stretta connessione con la Natura e la cui magia, tratta una ritualità che non si dedica di certo a sacrifici sanguinosi e cruenti.
O almeno così dovrebbe essere, perché Catherine Deshayes Monvoisin, detta la Voisin diventata celebre nel Seicento per il caso dei Veleni nella Parigi del Re Sole, non era proprio una semplice Strega Verde esperta di erbe e ostetricia.
Se la commissione di amuleti, afrodisiaci e filtri d’amore poteva avere un tocco fiabesco, i nobili si procuravano da lei veri e propri veleni per eliminare potenziali rivali (vedi Madame de Montespan per tenersi stretto Luigi XIV e magicamente assolta) consorti insopportabili e parenti vari per metter mano su ricchezze ed eredità.
Tra la sua celebre clientela possiamo annoverare anche due delle nipoti di Mazzarino, le Mazarinettes Olimpia e Maria Anna Mancini, prontamente esiliate.
La Voisin morì bruciata sul rogo il 22 febbraio 1680.
Nell’acquaforte di Guillaume Chasteau la vediamo incastonata al centro di una cornice di serpenti e vegetazione con un’espressione di dubbia modestia, circondata dallo scheletro della morte, da un mostruoso drago, un diavolo e le tre parche con il filo della vita in mano.
Le Madri delle Streghe
Le Streghe fanno parte della storia dell’umanità dalla notte dei tempi. Le indagini dell’archeomitologia rivelano di anno in anno come, fin dalla preistoria, la connessione con la natura abbia segnato gli inizi di quei simboli e significati che la magia si porta dietro ancor oggi.
Le antiche divinità dei vari culti ci raccontano di magie e stregonerie e la letteratura Greca le ha rese celebri con le potenti Circe e Medea.
Presso i romani la Magia era un dibattito aperto: la troviamo nella testimonianza di Apuleio nel suo trattato difensivo Apologia o La Magia, ma ancor più colorita nelle avventure di Lucio de Le Metamorfosi, primo romanzo completo in lingua latina giunto sino a noi.
Nell’Antico Testamento vediamo citata la Strega di Endor, veggente e profetessa a cui si rivolse il re Saul prima della battaglia di Gilboa. Su richiesta del re la strega invocò Samuele appena scomparso attraverso un talismano dei defunti. Questi apparve annunciando la morte di Saul e l’ascesa di Davide.
Il potere delle Streghe
Con l’affermarsi del cristianesimo, o meglio a causa dei suoi timori, inizierà una crescente propaganda negativa verso la magia e la stregoneria che darà la sua peggior manifestazione con la caccia alle streghe, tra il 1450 e il 1750.
Questo fenomeno riguardò uomini, donne e persino bambini, ma la fetta più consistente toccò al genere femminile che seducente e ancora profondamente misterioso e temuto, avrebbe incarnato meglio lo spirito del male.
Riforma e Controriforma non avevano simpatia per la stregoneria. Il Rinascimento vide il ritorno di miti e culti pagani a cui si aggiunse la volontà della Chiesa di limitare il potere delle donne, in particolar modo quelle che non avevano una vita sociale attiva che avrebbe potuto tenerle sotto controllo.
Era considerato sospettoso non partecipare alla messa, avere misteriosi poteri di guarigione, maneggiare piante officinali, essere in possesso di segrete conoscenze, vivere solitarie ai margini della foresta, ritenuta fonte di timori e apparizioni fantastiche.
Nel 1437 Johannes Nider scrisse il Formicarius, un trattato in cui si evidenziò l’esistenza della stregoneria, dei suoi potenziali malefizi e dell’adorazione del diavolo. La bolla di Papa Innocenzo VIII ebbe l’intento di contrastare formalmente questo fenomeno attribuendo poteri inquisitori.
La Persecuzione
Alla fine del Quattrocento, con la pubblicazione del Malleus Maleficarum il Martello delle Streghe nel 1487 a Strasburgo, dei frati domenicani tedeschi di Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, verrà diffuso un vero e proprio manuale misogino.
Purtroppo dovremmo aspettare i lumi del Settecento per vedere la luce di questi secoli così bui della Stregoneria, solo nel 1782 verrà messa sul rogo l’ultima strega d’Europa.
Nel 1582, Johannes Wier con il suo “De lamiis liber,” cercò di spiegare come tutti quei poteri e fenomeni attribuiti alle streghe non fossero altro che suggestioni date da convincimento, mania e ossessione, ma servì a ben poco.
Il campo in cui agiva il Magistero delle Dame della Notte era quello del sesso e dell’ostetricia.
La profezia del futuro, la manipolazione dei corpi, la capacità di far morire o portare alla follia i nemici, l’aumentare o il togliere il vigore sessuale, il mutare delle stagioni, l’arrivo delle epidemie, delle carestie, del maltempo o la decimazione del bestiame, semplici pettegolezzi e dicerie erano sufficienti a crear sospetto.
L’accusa le esaminava attentamente in cerca di un qualsiasi dettaglio che testimoniasse la loro colpevolezza, una semplice macchia sulla pelle o un banale neo erano sufficienti a testimoniarne la presenza diabolica.
Torture crudeli e disumane vennero messe in atto con il fine di estorcere la tanto ambita confessione. Grazie a tale ammissione si poteva finalmente procedere con l’espiazione della colpa, che a volte non terminava nemmeno dopo la morte delle povere sventurate.
Nel 1597 ci pensò Re Giacomo I Stuart a dare il “meglio di sé” in terra inglese. Temendo un’attacco alla sua persona, stilò un trattato misogino per il paese suddiviso in tre libri, Demonologia, dove affermò che
“Poiché la donna è più debole dell’uomo, è più facile per il diavolo irretirla nelle sue insidie, come è chiaramente dimostrato dal serpente che ingannò Eva sentendosi più a suo agio con il sesso femminile”.
In piena paranoia, mentre scrisse il trattato aveva la certezza che in qualche bosco una strega stesse realizzando tramite un rituale di vudù nordico un attacco contro lui.
I rituali
Il rito parte sempre da un elemento naturale che attraverso una metamorfosi produce un unguento, un balsamo, un filtro o una pozione. La chiesa ha sempre attaccato queste pratiche, trasformandole in qualcosa di terribile e peccaminoso.
Lo stesso unguento spalmato sul bastone della scopa per condurre le streghe al Sabba e congiungersi con il Diavolo, era realizzato con
il grasso dei neonati arrostiti e bolliti, uniti a ingredienti velenosi presi da serpenti pipistrelli.
Sappiamo, invece oggi, esser un più realistico viaggio ottenuto con l’assorbimento di una composizione di erbe allucinogene quali aconito, belladonna, giusquiamo, mandragora e stramonio dosate in un mix che non risultasse letale, ma sufficiente a dare l’illusione di aver davvero viaggiato a cavalcioni di una scopa.
Il Sabba
Con il termine Sabba si intende proprio l’adunanza di streghe e stregoni di fronte al diavolo, ed è un termine che nasce nel XIV secolo ed entra ampiamente in uso nel VX secolo.
Per la Chiesa era inconcepibile un culto che si praticasse nella Natura e in cui vi fosse a capo una divinità femminile, così la Grande Madre venne sapientemente sostituita dalla figura del demonio.
Tra caos, seduzione e danze indemoniate la partecipazione al Sabba presupponeva una serie di rituali: l’unzione del corpo con un balsamo che permettesse il viaggio, montare a cavallo di una scopa o bastone in legno dal forte richiamo fallico, recitare incanti grazie ai quali era possibile recarsi al convegno con il Diavolo e congiungersi con lui, la trasformazione in creature metà umane e metà animali, oppure montare direttamente al rovescio un caprone con l’aspetto di una vecchia megera raggrinzita.
Dagli atti dei processi emerse che grazie a canti e grida selvagge, apparisse la divinità maligna che si adagiava su un trono per godere dell’adorazione. Seguivano atti di blasfemia, sacrifici e banchetti disgustosi per completare con l’orgia, in un mix di trasgressione, oscenità quali “l’omosessualità” e l’incesto dai quali nascevano creature misteriose.
Terminato il caos, la celebrazione si concludeva con il rientro alla vita normale poco prima dell’alba e il negare alla luce del sole qualsiasi traccia della notte di follia.
Sarà nel Rinascimento che si convertirà e consoliderà l’iconografia della strega da donna saggia e sapiente nello stereotipo ancora in voga dell’anziana, avvizzita e raccapricciante.
Il luogo prescelto per il Sabba poteva essere il bosco o più nello specifico intorno ad un albero ben preciso quale il celebre Noce di Benevento. Uno spiazzo nella brughiera come le profetesse del Macbeth di Shakespeare o la cima di un monte avvolto dalla nebbia nella notte di Valpurga, come nel Faust di Goethe.
I capricci delle Streghe
Del resto si sa, le streghe hanno bel caratterino, inclini alla facile mutevolezza di spirito e soggette alla continua tentazione del desiderio. Sono decisamente rissose, sempre pronte alla sfida e al duello. I capricci sono protagonisti nelle rappresentazioni artistiche, letterarie e cinematografiche che la ritraggono.
Si è divertito Francisco Goya a raffigurarle nei suoi famosi Capricci. Dodici incisioni, successivamente diventate ottanta, in cui emergono i vizi e le superstizioni diffuse nella Spagna del XVIII secolo.
Un tripudio di stregonerie, folletti, galanterie e amori tragici, satira politica, clericale ed erotica.
Preciserà che sono esclusivamente frutto della sua immaginazione, ma nonostante il suo tentativo di giustificarsi sul Diario di Madrid, le opere suscitarono uno scandalo, in particolar modo per il rimando ad alcuni personaggi della corte, tanto che l’inquisizione fece ritirare l’opera dal commercio e lo stesso Goya consegnò nel 1803 le lastre al Re.
Nell’arte per capriccio si intende un’opera fantasiosa realizzata secondo l’ispirazione dell’artista, vennero anche definiti follie, divertimenti o sghiribizzi.
La Mata Capina
“Tutti i nazionali e gli stranieri visitatori del Parco Monzese ammirano il Bosco Bello; e in nessun altro parco sì d’Italia, che d’oltremonte asseriscono aver giammai incontrato una selva si maestosa con una serie di viste si sorprendenti. Crescono assai i pregi di questo bosco, per chi sappia che sino dal secolo XIV egli godeva di storica fama” Giovanni Antonio Mezzotti
Ho iniziato il mio racconto con una passeggiata presso i giardini della Reggia di Monza ed è li che torniamo, immerse nella Natura, in quello che un tempo era un immenso e maestoso territorio boschivo.
Qui, ancor oggi come una volta, si può andar per il Bosco Bello, così definito nel 1841 da Giovanni Antonio Mezzotti nella “Passeggiata nel Real Parco di Monza”, alla ricerca dei folletti e della Matta Tapina o Mata Capina.
“ricetto dei folletti e della Matta Tapina di cui havvi tradizione che solesse recarsi in Monza di notte tempo a scorrere le contrade col così detto carro matto a spargere la superstizione e il terrore fra quegli abitanti, decaduti dal primero spirito bellicoso che li aveva tano caratterizzati e distinti negli scorsi tempi”
La leggenda narra che questa donna misteriosa ed inquietante, di statura superiore alla media e dai modi un po’ grezzi, vivesse in disparte nella foresta, dove
“conosceva tutti i segreti delle piante e dei fiuori che sapeva trasformare in unguenti miracolosi”
Chi avesse voluto avvalersi delle sue doti di guaritrice o chiaroveggente, avrebbe dovuto sconfiggere qualsiasi timore per addentrarsi nella vegetazione più fitta. Lei invece, vestita d’abiti sgargianti, pare che si divertisse ad intimorire gli abitanti della città, girando per le contrade con il suo curioso carretto pieno di ferri e cianfrusaglie.
Se la Mata Tapina vi ha intrigato, il 12 settembre, nelle notti di luna piena, potreste addentrarvi nel Bosco Bello alla ricerca di una grande ombra che sembri borbottare formule magiche e frasi senza senso.
Il libro delle Ombre
“Il desiderio del cambiamento si annuncia in chi si osserva”
Probabilmente se sei passata di qui è perché conosci già il mondo delle Stregherie e curiosa e insaziabile desideravi apprenderne qualcosa di in più.
Oppure, oggi hai avuto modo di scoprire qualcosa di totalmente inatteso e intrigante, e hai deciso di partire alla scoperta della Strega che c’é dentro di te, perché hai compreso come lei sia già in ognuno di noi.
Spetta a te decidere se lasciarla nell’ombra oppure sfidarla, conoscerla nel profondo e scoprire quanta meraviglia porti già nella tua vita e potrebbe donarne ancor di più.
Specchiati nella Strega che sei e crea il tuo Libro delle Ombre. Annota nel Grimorio i tuoi rituali, gli incanti, le celebrazioni dei sabba, le cerimonie, le fasi lunari, le corrispondenze, le erbe, i cristalli, le ricette che metti a punto e tutto ciò che osservi nello studio e sperimenti nella pratica.
Crea un Diario Specchio nel quale prendi nota di tutti i risultati e gli stati d’animo che accompagnano il tuo cammino quali emozioni, pensieri, riflessioni, visioni, esperienze oniriche,
Secondo le antiche tradizioni “il diavolo vive in fondo al vetro che riflette, sostenendo e agitando la vanità di chi vi Guarda”.
Siamo giunte al termine di questa esperienza multisensoriale, intima e profonda presso le Stregherie.
Che ne dici, farai parte del Magistero delle Dame?
Ti lascio ancora alcune simpatiche illustrazioni presenti alle Stregherie, sono parte della serie di litografie intitolate Demonologia e Stregoneria di Henry Heat del 1845.
Spero di averti incuriosita da voler fare un salto alle mostra, oppure, se sei lontana di averti portato con me in questo assaggio sulle Stregherie, di cui certamente parleremo ancora.
Ti saluto fino al prossimo viaggio
À bientôt Madame Framboise